
-- Olvasási idő kb.: 1 perc és 45 másodperc
Altro che frenata. Siamo davanti a un calo fisico e mentale che non fa presagire nulla di buono. A Venezia finisce 0-0 con mezzo tiro in porta di una Lazio che non ha capito il momento decisivo del campionato. Niente da fare, senza intensità non si va lontano, esce il primo pareggio in trasferta e, puntuale, arriva la conferma che la creatura di Baroni vince solo quando gioca bene. Se trova una giornata storta, rischia di perdere e forse stavolta avrebbe anche meritato il ko per quanto fatto da un avversario orgoglioso che non ha mollato di un centimetro nonostante il penultimo posto in classifica. Complimenti a Di Francesco con la speranza che mostri la stessa grinta sempre da qui alla fine. Tant’è, la Lazio è questa, bella e determinata fino a dicembre, più arruffona da un paio di mesi nei quali sta lasciando punti pesanti nella volata per l’Europa (le sconfitte di Bologna e Milan aiutano a rendere meno amaro il risultato del Penzo).
A parte qualche picco di rendimento è da tempo che non si vede più quella squadra spettacolare che aveva fatto presagire grandi cose fino a quella maledetta sconfitta interna contro l’Inter, quello 0-6 che ha fatto riemergere antichi difetti strutturali che l’entusiasmo era riuscito a coprire. Tra due giorni si gioca il quarto di finale di Coppa Italia a Milano proprio contro l’Inter e la speranza che la Lazio ritrovi quelle geometrie che l’avevano portata in alto proprio contro lo stesso avversario. Ora, classifica attuale a parte, il pareggio di Venezia conferma quell’incapacità di interpretare le partite, di leggere le situazioni cui bisogna lottare col coltello tra i denti evitando un inutile e dannoso possesso palla in orizzontale.
Baroni ci ha provato all’inizio con Noslin, impalpabile, poi con Pedro, Lazzari e Tchaouna senza trovare mai il bandolo della matassa. Dia ha sprecato da due passi il vantaggio nell’unica azione degna di nota. Senza Castellanos infortunato e Rovella squalificato la manovra è stata lenta col solo Guendouzi a lottare contro gli arrembanti dirimpettai. Dele Bashiuru ha lasciato il campo per infortunio sul finire di un primo tempo inguardabile consentendo l’esordio di Belahyane che qualche segnale positivo ha dato. Così come Mandas, bravo nella ripresa a limitare i danni sulle conclusioni di Oristanio e Maric.
Troppi infortuni hanno fiaccato la squadra che ha bisogno come il pane del recupero di Vecino oltre che di Hysaj e del Taty, uno che ti accorgi di quanto sia importante quando non c’è. Ora due volte Milano tra coppa e campionato e la sensazione che, tra un mese, anche guardando il calendario, la Lazio si possa ritrovare in una posizione di classifica meno confortevole rispetto a quella attualmente occupata. La squadra è ben costruita nonostante investimenti limitati ma forse non in grado di lottare alla lunga per la zona Champions: meglio guardarsi le spalle per non rischiare di restare fuori dall’Europa almeno in campionato. Il girone di andata ha illuso, la squadra è andata oltre i suoi limiti, adesso deve compattarsi e cercare di fare il massimo per non avvitarsi su se stessa. Serve una scossa e, soprattutto, provare qualche volta e giocare meno bene e raccogliere più punti per non avere a maggio rimpianti per la posizione finale in classifica. Nessun dramma ma la c’è la consapevolezza che la Lazio, più di quanto visto finora, non può davvero fare.