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Tutti contro tutti, a Strasburgo come a Roma. Il gran bazar del campo largo, sulla politica internazionale ogni banco ha una merce diversa, in concorrenza con il “dirimpettaio”. A cominciare dalla plenaria del Parlamento Europeo che ieri ha approvato una risoluzione per chiedere una proroga di 18 mesi del PNR (“impraticabile” per il vicepresidente Fitto). Nel provvedimento anche un paragrafo che apre le porte dei fondi europei di Next Generation EU alle spese militari. Il passaggio incriminato che apre la guerra muscolare a sinistra. M5S ed Avs votano contro, portandosi dietro gran parte del Pd. Ma non i riformisti che si schierano per il sì (Giorgio Gori ed Elisabetta Gualmini). Niente di strano se non fosse che ancora una volta il Nazareno va completamente fuori linea, la relazione infatti era fortemente sostenuta dal gruppo S&D. «421 voti a favore su 656 nella Plenaria, vuol dire che quelle voci provenienti dal mio gruppo non hanno portato a creare una maggioranza», ironizza il relatore socialista Victor Negrescu, che in pratica sottolinea l’irrilevanza del Pd.
L’insubordinazione voluta dal capo delegazione Nicola Zingaretti (e dai colleghi Dario Nardella e Stefano Bonaccini che la rivendicano) non è servita ad andare in scia con la netta contrarietà dei partner del campo largo. Anzi dal M5S arrivano bordate: «il voto trasversale degli europarlamentari italiani di FdI, Fi e Pd a favore dell’uso dei fondi del Recovery per il riarmo è un furto ai danni del popolo italiano». Già perché i dem sono rimasti solo a metà del guado: hanno approvato la relazione finale (con l’astensione di Marco Tarquino e Cecilia Strada) distinguendosi solo sulla difesa. Quindi, ricapitolando: il Nazareno si smarca (ormai in modo stabile) da S&D sulle armi, i riformisti (la vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno era a Bruxelles per una riunione, ma avrebbe votato a favore) seguono la linea ufficiale, Cinque Stelle ed Avs non fanno complimenti e attaccano su tutto.
In pratica, la stessa frammentazione che si ripeterà sabato per la manifestazione contro il riarmo europeo (e di fatto contro la Nato) che si terrà a Roma a Porta San Paolo. Tra i promotori la Cgil e l’Arci, ormai veri e propri ispiratori della linea ufficiale della coalizione in fieri. L’adesione del Pd e la partecipazione al corteo di una sua delegazione fino a qualche ora fa veniva data per scontata. «È un corto circuito che mina la nostra credibilità», ha messo subito le mani avanti l’eurodeputata Pina Picierno, provocando un improvviso fuggi fuggi della segreteria. Il programma oltranzista del corteo era noto da settimane, Elly Schlein aveva comunque approvato, soltanto la reazione irata della minoranza ha prodotto un parziale ripensamento. Parziale perché i parlamentari del Pd potranno sfilare a braccetto con i colleghi del campo largo solo «a titolo personale» (Arturo Scotto e Laura Boldrini ci saranno). Una via di fuga che consente alla segretaria di poter vantare la presenza di una parte del partito in piazza. Come successe ai Fori Imperiali per la sfilata di Giuseppe Conte contro il riarmo dell’Ue, omaggiata dall’inchino del capogruppo Francesco Boccia. Si tira indietro all’ultimo momento Pierluigi Bersani: «Non partecipo a iniziative o manifestazioni che non raggiungano una piattaforma unitaria». Insomma, grande è la confusione sotto il cielo del Nazareno, non proprio una situazione eccellente.