
-- Olvasási idő kb.: 2 perc és 31 másodperc
«I discorsi ascoltati, quasi tutti, li dividerei in due settori: ci sono stati degli interventi minoritari, ma motivati razionalmente e altri, invece, purtroppo la maggioranza, molto ripetitivi e chiaramente contraddistinti da una volontà ostruzionistica. Basti pensare che in uno di questi si diceva addirittura che la nostra riforma era ispirata a Licio Gelli. Argomentazioni, però, che indeboliscono la stessa opposizione». Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ospite all’edicola de Il Tempo, commenta quanto appena andato in scena nell’Aula del Senato dove si è discusso della separazione delle carriere. (GUARDA LA VIDEO INTERVISTA)
Tra i miglioramenti proposti dalle opposizioni, c’è qualcuno che può essere preso in considerazione?
«Certamente, possono anche essere presi in considerazione per un’eventuale mediazione in sede di legge applicativa».
L’esecutivo, dunque, è disponibile a porre qualche correttivo al testo?
«Parliamo di una riforma chiesta dagli elettori. Era nel nostro programma e ruota attorno alla ricomposizione del Csm, all’istituzione dell’Alta Corte di Giustizia e appunto alla separazione delle carriere. In particolare questa prima parte è stata spiegata decine di volte e consiste nella necessità di rompere il vincolo correntizio, degenerato in forma di potere. Diversi gli interventi in cui si è sentito che la magistratura si doveva autoriformare. E se non è stato capace di farlo da sola, è logico che ci debba pensare il Parlamento».
Per quanto concerne la riforma del processo penale, secondo gli esperti, è ancora un’opera incompiuta. È d’accordo?
«Cercando di essere bravi e chiedendo scusa ai tecnici, dobbiamo ricordare che il nostro codice di procedura penale è stato voluto da Vassalli, eroe della resistenza. Non è certo sospettabile, pertanto, di autoritarismo, ma è piuttosto accusatorio».
L’apertura alla riforma, manifestata ieri da pezzi importanti del Pd, come Casini e Bettini, potrebbe rappresentare un punto di partenza per quanto riguarda il confronto tra le parti?
«Gli interventi di ieri non sono stati tutti sono basati su dei no pregiudiziali. Ci sono stati anche degli atteggiamenti più o meno dialoganti. Qualcuno ha pure apprezzato nel merito una parte delle riforma. Per quanto concerne il Pd, su cui non voglio e non posso intervenire, sappiamo tutti che è composto anche da anime riformiste che certamente non possono vedere come un male una riforma della giustizia che parte dalla separazione delle carriere. Peccato che questi contributi siano arrivati in ritardo. Quando siamo entrati al governo, abbiamo chiesto un contributo sia alla magistratura che alla politica. Per quanto riguarda i primi, avendo capito che le posizioni erano molteplici e si sarebbe perso tempo, siamo dovuti andare avanti. Abbiamo un mandato popolare da rispettare».
Questa riforma sarà realizzata?
«Sono certo che questa riforma si farà».
Quando parliamo di questo grande cambiamento, ci viene da pensare anche alle sue ultime dichiarazioni su Garlasco. Le confermerebbe?
«Non voglio prendere in considerazione il caso specifico, ma in termini di principio posso dire che abbiamo introdotto nel nostro sistema che si può essere condannati solo quando le prove a tuo carico resistono a qualsiasi a ragionevole dubbio. Come fai a condannare una persona per la quale, per ben due volte, una corte ha dubitato al punto tale da assolverla».
Altra polemica delle minoranze quella sugli sgomberi. Come risponde alle critiche?
«Ci troviamo di fronte al reato permanente di violazione di domicilio aggravata. Ecco perché la magistratura, a mio parere, dovrebbe intervenire sempre. Non so perché ciò non sia accaduto, ma visto che non è stato fatto, si è dovuto ricorrere a una legge. Non è certamente liberticida, quindi, l’idea di imporre alle forze dell’ordine e ai Pm di restituire la casa a chi l’ha comprata».
Dopo diversi anni c’è stato un aumento di stipendi per i dipendenti del suo ministero, tra i meno retribuiti d’Italia. Finalmente riconosciuto il lavoro di chi si occupa di giustizia?
«A chi ci accusa di non vedere le carceri, di non occuparci dei detenuti e del funzionamento della giustizia, ci tengo a dire che entro il prossimo anno colmeremo l’organico sottodimensionato dei magistrati. Questo avverrà per la prima volta dopo 50 anni, praticamente dalla fondazione della Repubblica. Per quanto riguarda, invece, i nostri dipendenti, posso dire che percepivano uno stipendio cumulativo di indennità inferiore a quello di altre amministrazioni. Questo oltre a costituire una disparità di trattamento illogica provocava e provoca diversi effetti negativi. Molti dei nostri collaboratori, infatti, sono stati assorbiti da altre amministrazioni statali. L’altro giorno, ad esempio, abbiamo fatto gli auguri al nostro responsabile della digitalizzazione, andato a lavorare all’Ibm, che gli offre un compenso quasi triplo. Una decisione che riceve tutta la nostra comprensione, ma che conferma come non si riesca a capire perché nell’ambito di amministrazioni consorelle e a parità degli stessi tempi di lavoro, ci sia chi viene pagato meno. Non posso, quindi, che ringraziare tutti quei colleghi che hanno riconosciuto il divario e hanno provveduto a colmarlo. Ciò non vuol dire che siamo stati privilegiati, come ha detto qualcuno, ma che è stato posto rimedio a una situazione che vedeva il nostro personale chiaramente penalizzato».