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Fiori sparati dai cannoni. Con queste quattro parole si possono sintetizzare le invettive riformiste nei confronti della segretaria Elly Schlein. A parte la solita Picierno (l’unica ad avere la poltrona sicura in quel di Bruxelles), i centristi del Pd sembrano essere i classici cani che abbaiano, ma non mordono. Tutti a criticare, a tramare nell’ombra, a inventarsi mozioni e, poi, al momento del dunque nessuno sferra la stoccata decisiva, quella che ti porta a perdere il match. Perché? Il motivo è più semplice di quanto si possa immaginare. Gli aspiranti ribelli, pur volendo ritagliarsi quella visibilità, di cui ogni onorevole è malato, sanno bene che la battuta a effetto dura un giorno, al massimo due, ma non offre garanzie. Le liste alle prossime politiche, infatti, non le fa il Guerini e o il Franceschini di turno, che lancia il sasso e nasconde la mano. Le realizza su misura quel Nazareno di cui si sparla e si obbedisce allo stesso tempo. Ragione per cui i ribelli del momento preferiscono restare nell’ombra o meglio criticare senza esporsi troppo. La prima donna del Nazareno, piaccia o meno, ha ancora il potere di aggiungere o escludere chi vuole dai famosi listini bloccati. Meglio, dunque, la sempre attuale tattica dei due piedi in una scarpa.
La stessa paladina degli omosessuali lo sa bene e, dopo il flop di Budapest, avverte chi intende farla fuori dal vaso. Il messaggio che intende lanciare è il seguente: se continuate così, vi sostituisco col primo Renzi o Calenda che capita. «Penso che sia stato veramente importante essere insieme», dice a Repubblica, riferendosi al campo largo. Un attacco frontale, poi, alla solita Meloni, quasi per dire qui comando ancora io e gli altri non possono far altro che accodarsi. «La premier – tuona – ha perso un’altra grande occasione per difendere la democrazia e la libertà. Il suo silenzio è grave». Si arrocca, dunque, sulla sua linea di sinistra-sinistra, che trova nella difesa dei diritti un indiscusso punto di forza. «Queste destre nazionaliste – continua – hanno l’ossessione di cancellare le differenze». L’idea che si vuole diffondere è quella di una segreteria forte in cui vige una “sola” linea che si candida a diventare motore della coalizione.
Motivo per cui il capogruppo al Senato Boccia obbliga la democristiana Beatrice Lorenzin a mandare una nota di cortesia, per chiarire come non ci sia alcuna guerriglia, dovuta ai mal di pancia dei soliti Prodi: «La presenza e le parole di Schlein a Budapest – evidenzia – sono state un segnale forte». La parlamentare, pertanto, sottolinea la necessità di «una leadership europea che crede nei diritti, nella solidarietà e nella democrazia». Un chiaro messaggio ai moderati del Pse, d’altronde, era già stato inviato dalla segretaria nella scorsa mattinata, soprattutto per quanto concerne l’indiscusso sostegno a Ursula von der Leyen: «I voti dei socialdemocratici al Parlamento europeo – chiarisce – non possono essere dati per scontati. Non è accettabile che la Commissione si avvalga di diverse maggioranze secondo le sue esigenze».