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Battibecchi, accuse incrociate e una guerra a colpi di perizie su Garlasco. Mentre il terzo giorno di lavori per l’incidente probatorio non ha riservato sorprese, con la campionatura dei reperti, la sfilata di consulenti davanti alla Questura di Milano ha segnato il livello dello scontro tra le parti, scatenato dalla nuova inchiesta della Procura di Pavia, che ha indagato Andrea Sempio per l’omicidio di Chiara Poggi, in concorso con altre persone.
Nelle prossime settimane la genetista Denise Albani, nominata dal gip Daniela Garlaschelli per l’accertamento tecnico irripetibile, dovrà passare a quello che è il quesito fondamentale: accertare se il Dna maschile trovato sulle unghie di Chiara sia utilizzabile per la comparazione, come sostengono i consulenti dell’accusa a differenza da quanto stabilito nel processo che ha condannato Alberto Stasi, e determinare se quel profilo genetico sia di Sempio, come indicato sia da una consulenza della difesa di Stasi sia dall’analisi dell’esperto dei pm, Carlo Previderè. La Albani, che non ha ancora comunicato il calendario dell’accertamento nel contraddittorio, acquisirà dunque i tracciati elettroforetici estratti all’epoca dal professor Francesco De Stefano.
Il prossimo passo, oltre all’esame di altri reperti tra cui una porzione di tappetino del bagno, sarà lo studio di quell’aplotipo maschile e il confronto con il codice genetico estratto dal tampone salivare del nuovo indagato. Dal canto suo, Sempio è «tranquillo, compatibilmente con la situazione e si augura che non siano commessi nuovi errori», ha detto ieri l’avvocato Angela Taccia, che con il collega Massimo Lovati difende il 37enne. Una nuova stoccata contro la Procura, che oltre ad affibbiare il Dna sulle unghie di Chiara a Sempio considera dell’indagato l’impronta 33 sul muro della scala destra della cantina. Sull’impronta 33 «15 minuzie non sono riscontrabili, le poche che sono state rilevate, per le quali faremo una integrazione entro lunedì, molto probabilmente non appartengono ad Andrea Sempio perché vi è stato un errore di orientamento dell’impronta», ha detto il consulente della difesa, l’ex comandante del Ris di Parma Luciano Garofano.
Nella consulenza dattiloscopica, redatta insieme all’esperto Nicola Bisogno, Garofano avrebbe rilevato che «alcune di queste impronte, forse a causa di un software automatico, vengono dalla texture del muro», ha detto. L’ex generale ha voluto precisare che da parte sua non ci sono attacchi alla Procura. E intanto anche la difesa di Stasi ha annunciato una consulenza sull’impronta 33.