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Il modello Riace rischia di mandare in bancarotta il Comune per un buco da oltre 3 milioni di euro. E per i debiti del paladino dei migranti si mettono le mani in tasca ai cittadini, costretti a pagare l’accoglienza dei clandestini voluta da Mimmo Lucano. La stessa che l’ha portato alla decadenza dalla carica di primo cittadino, a seguito di quella condanna per le irregolarità nella gestione dei migranti ridimensionata in Appello, che aveva ridotto la condanna da 13 anni a un anno e mezzo, ma che non ha certo cancellato i soldi spariti e i debiti contratti. Il Viminale, in risposta a Lucano che nei suoi ultimi atti da sindaco aveva chiesto altri fondi per far ripartire il sistema di gestione degli irregolari tanto caro alla sinistra, ha ora presentato il conto all’amministrazione targata Avs, il partito di Fratoianni e Bonelli che ha fatto rieleggere Lucano a sindaco e che ha portato il condannato al Parlamento europeo, insieme alla compagna Ilaria Salis.
L’entità del buco nel bilancio causato da Lucano è riportata in un documento, finora rimasto riservato ma che Il Tempo è riuscito a portare alla luce, inviato il 29 maggio 2025 via pec dalla Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo del Ministero dell’Interno al Comune di Riace. Nella missiva con cui il Dipartimento del Viminale nega all’esponente di Avs nuovi fondi per il ripristino del sistema di accoglienza di Lucano, il Ministero precisa che «alla riammissione del progetto di finanziamento», che il sindaco aveva tentato di strappare nonostante sulla sua testa pendesse l’iter della decadenza, «ostano anche la sopravvenienza del debito accertato a carico di codesto Comune, pari a euro 3.323.595,47, con riguardo al progetto in questione, e a euro 69.751,21, con riguardo al progetto Msna, nonché la mancata rendicontazione delle spese sostenute nel 2017 e nel 2018», si legge nella raccomandata urgente notificata con oggetto «riscontro a richiesta inserimento progetto accoglienza e integrazione immigrati e contestuale rinnovo richiesta restituzione somme».
Insomma, sulla scia della condanna penale in via definitiva di Lucano, di quella della Corte dei Conti che ha rilevato come l’europarlamentare di Avs ha causato allo Stato un danno erariale paria circa 780 mila euro, in solido con altri 26 tra funzionari, amministratori pubblici e soci di cooperative che tra aprile 2011 e dicembre 2012 hanno gestito i centri di accoglienza in Calabria, e le irregolarità nel sistema Riace che in primo grado avevano portato il sindaco a una condanna a 13 anni e due mesi, poi riformata a un anno e sei mesi grazie all’inutilizzabilità delle intercettazioni che delineavano l’irregolarità delle condotte nell’accoglienza dei migranti, ora il Viminale non solo nega nuovi progetti per i profughi a Riace, ma pretende la restituzione dei quasi 3 milioni e mezzo del finanziamento revocato, elencando tra l’altro le condotte che hanno portato alla richiesta di restituzione, tra cui le criticità emerse dalle ispezioni e dai monitoraggi, la mancata rispondenza tra i servizi descritti nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati e la mancata presentazione della rendicontazione nei termini normativamente previsti.
I controlli, infatti, hanno accertato che Riace non ha ancora rendicontato le annualità 2017 e 2018, proprio gli anni che hanno scoperchiato il vaso di Pandora sul modello Riace e sono finiti alla sbarra. Il Viminale aveva dunque chiesto la restituzione degli oltre 3 milioni entro 30 giorni. Versamento che Lucano non ha mai effettuato, perché quei soldi, nelle casse, non ci sono. E ora il Comune rischia il default e lo Stato dovrà recuperare le somme mettendo le mani nelle tasche dei cittadini, tagliando i trasferimenti erariali.