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Il 45esimo anniversario della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, commemorato nella città dei Colli e dei portici alla presenza istituzionale della ministra dell’Università Anna Maria Bernini, è stata anche l’occasione per ritornare a parlare di chi, quella strage, l’ha architettata e realizzata. Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, si è rivolto al Premier Giorgia Meloni reo, a suo dire, di aver ritrattato la sua posizione parlando soltanto di “terrorismo” e non più come l’anno scorso di matrici “neofasciste”. Aggettivo che comunque utilizzava mal volentieri, solo perché “attribuito da sentenze”: “Presidente Meloni, condannare la strage di Bologna senza riconoscerne e condannarne la matrice fascista è come condannare il frutto di una pianta velenosa, continuando ad annaffiarne le radici”, ha tuonato Bolognesi alla commemorazione arrivata un mese esatto dopo la sentenza di Cassazione. Paolo Mieli, intervenuto nella trasmissione In Onda sul tema, ha spiazzato lo studio di La7 con una similitudine: “Nessuno chiama i reati terroristici di sinistra comunisti”.
Gli anni di piombo, del resto, sono stati caratterizzati tanto dal terrorismo eversivo nero quanto da quello rosso. Le Brigate Rosse, i sequestri, Aldo Moro. Eppure, constata l’editorialista del Corriere della Sera, l’associazione col neofascismo viene sempre tirata in ballo, mentre la connotazione comunista delle Brigate Rosse rimane sempre nell’ombra. “Nelle sentenze, nelle targhe, non c’è mai scritto ‘qui i comunisti ammazzarono Aldo Moro’, secondo me questa differenza non dovrebbe esserci”: tale è il punto di vista dell’ex direttore del Corriere all’epoca di Tangentopoli, che sorprende un po’ lo studio di Luca Telese e Marianna Aprile.
Così come “nessuno, compreso me, si sogna di definire i crimini delle Brigate Rosse stragi comuniste, allora non dovrebbero neanche definirsi tali quelle del terrorismo nero”, afferma Mieli. Giovanna Botteri, ora a La7 dopo una vita in Rai, non è troppo d’accordo. La semiotica del suo volto, come anche quello dei conduttori, parla chiaro. “Ma non è un po’ pericoloso questo modo di ragionare? Che tutti i terroristi vanno condannati, qui si parla di un fatto specifico molto chiaro”, ha concluso l’ex corrispondente del Tg2.